Abbiamo incontrato con Francesco Leoni, amministratore Delegato di Runway, video strategy agency. Con lui abbiamo parlato di creatività, del mondo magico dello spettacolo, della sua visione della realtà attuale e infine di giovani.
Come è arrivato a fare il suo lavoro attuale?
Il mio lavoro attuale è il frutto di anni di altri lavori e della passione per il mondo dello spettacolo, che ho nutrito fin da piccolo. Ho un ricordo di me bambino, all’incirca sui sette anni, che assistevo a una diretta televisiva, e mentre tutti erano intenti a osservare la scena, io ero girato a guardare il cameraman e quello che succedeva dietro. La passione per quello che c’era dietro a questo mondo dello spettacolo è sempre stata presente in me. Mi sono laureato in storia del cinema, poi sono passato attraverso le più disparate avventure: assistente volontario e attore negli spot pubblicitari; assistente in due film con Pozzetto. Ma l’evento determinante è stato l’incontro con il noto autore televisivo Alvise Borghi, che mi ha chiesto di collaborare con lui agli inizi della trasmissione Passaparola. Così è iniziato il mio percorso di autore in Mediaset dove ho conosciuto, e ne sono rimasto affascinato, il mondo delle telepromozioni, mondo snobbato da tutti i miei colleghi. Ho, quindi, iniziato a collaborare anche in questo settore, pur continuando a lavorare per altre produzioni (Stranamore, Scherzi a parte). La mia carriera si è molto sviluppata all’interno di Publitalia e ancora oggi sono uno dei pochi autori punto di riferimento dell’azienda. Ma il profondo desiderio era quello di costruire qualcosa di mio, così nel 2016 è nata Runway.
Che tipo di realtà è Runway?
È una video strategy agency, noi ci poniamo sul mercato come agenzia creativa verticale nel mondo dei video, non facciamo uffici stampa o loghi o altro, ci occupiamo di comunicazione video per le aziende, costruiamo la strategia che consente all’azienda di comunicare i suoi messaggi.
Qual è il segreto per fare un buon video, una buona strategia? Qual è il segreto del successo?
Ci sono molti fattori. In primo luogo, il successo di un video sta nel comunicare, esattamente, il messaggio che l’azienda vuole lanciare. E per fare questo c’è bisogno di una grande esperienza e conoscenza di tutti i mezzi, metodi e sistemi di cui solo i professionisti sono in possesso. In secondo luogo, c’è un successo di tipo mediatico, ed accade quando le persone lo guardando e interagiscono. Qui, però, entrano in gioco altri fattori: la capacità di individuare, per esempio, il trend del momento, l’energia che pervade il periodo storico. Ma soprattutto ci sono quelle situazioni in cui riesci a trovare quell’alchimia misteriosa che ingaggia il pubblico in maniera fortissima e allora hai un video virale, ma non sempre è facile arrivare a questo. Diciamo che dietro un video virale, sicuramente non c’è la fortuna, ma un grandissimo lavoro, ci sono spesso anche grossissimi investimenti di pianificazione, di pubblicazione, il video che diventa virale per caso è uno su mille.
Come sta vivendo questo periodo storico indubbiamente complesso: post pandemia, guerra, grande confusione sui mercati finanziari?
Questo è un momento veramente strano, da un lato c’è un grande fermento si sente che c’è voglia di fare, siamo chiamati su tanti progetti e su tante attività, che partono però poi spesso si fermano. C’ è un mercato che ha tanta voglia di ripartire ma anche tanta paura e questo crea una situazione molto instabile. Nel nostro settore c’è inoltre una grande confusione di ruoli. Tutte le persone che oggi hanno vent’anni, sono nativi digitali, sono cresciuti con un telefonino in mano e le tecnologie sono alla portata di tutti, questo comporta che spesso si confonda il know how realizzativo con l’expertise per fare un video. Magari si paragonano anche i costi di produzione di un free-lance che con una telecamera e un po’ di inventiva realizza un bellissimo video, con i costi di una video strategy che è fatta di ricerca, riflessioni, sviluppo, esperienza; un processo che va molto al di là della produzione stessa e che comporta, ovviamente, investimenti diversi. Le aziende devono valutare bene perché, nel caso in cui sia sufficiente il video fatto da un filmmaker, non ha senso prendere un’agenzia che ci lavora un mese. Qualora, invece, serva un lavoro di video strategy, che consenta di ottenere dei risultati significativi, avere una qualità complessiva diversa, che non è solo qualità dell’immagine, ma è capacità di comunicare il messaggio aziendale, è efficacia, forza con cui quel messaggio riesce a passare, allora lì è necessario rivolgersi a strutture come Runway che di mestiere fanno questo.
Che caratteristiche servono per fare il creativo?
Il creativo è un lavoro e come in tutti i lavori ci vuole una predisposizione di base. Bisogna avere inventiva, energia, curiosità, cultura, cimentarsi in tante cose…essere innamorati della vita. Per essere dei creativi bisogna vivere appieno. Ma a questo va aggiunto lo studio perché la creatività è anche frutto di un metodo, di un lavoro, di un processo meticoloso. Ogni media ha un suo linguaggio, ogni linguaggio ha la sua caratteristica, ogni target ha il suo modo di recepire il messaggio, quindi per poter far bene questo lavoro devi avere molta conoscenza e cultura. In sintesi, il creativo ha estro e fantasia, ma anche metodo, rigore, concretezza.
Che consiglio darebbe a un giovane che intendesse fare questo lavoro?
Intanto di provare a farlo perché finché non provi non capisci. C’è sempre una grandissima distanza tra l’idea che uno si fa del lavoro e la realtà del lavoro stesso. Quindi il miglior consiglio che posso dare è provare a farlo, trovare una società, un’agenzia che lo ospiti, che gli faccia fare uno stage che gli apra le porte per capire davvero cos’è e se quella è la sua strada o no.
C’ un corso di studi particolari?
Io ho 53 anni e mi sono laureato molto tempo fa, oggi ci sono tantissime facoltà che si occupano di comunicazione e tantissime opportunità di studio. Consiglio sicuramente di studiare perché il valore dello studio, anche di questi corsi post-universitari non sta solo nelle nozioni e nel metodo che ti insegnano ma anche nella possibilità di venire a contatto con conoscenze con cui da solo non entreresti mai in contato. Il più grosso insegnamento che mi ha dato l’università è stato quello di poter studiare materie che non avrei neanche mai preso in considerazione e che alla fine mi hanno invece dato tantissimo.