Intervista a Massimiliano Pappalardo , Filosofo del Lavoro

Massimiliano Pappalardo è il primo Filosofo del lavoro in Italia. Laureato in Filosofia e Storia tiene corsi e seminari presso grandi gruppi imprenditoriali italiani su temi quali la consapevolezza, la responsabilità, il pensiero critico e il linguaggio delle relazioni. Docente presso la Facoltà di Lettere e Filosofia a Catania è autore di libri tra cui Filosofia dell’Educazione (2018), Filosofia della Bellezza (2020), Essere antifragili (2021), Filosofia del Lavoro  (2023) Editi da Effatà Editrice e edito da Feltrinelli Che fine ha fatto papà? nel 2023.

Parliamo con lui di lavoro, di leadership e di giovani. i temi che ci stanno particolarmente a cuore. Il suo punto di vista e le sue dichiarazioni sono state, per noi, assolutamente illuminanti.

 

È definito Filosofo del lavoro, che cosa vuol dire e cosa fa il filosofo del lavoro?

Filosofo del lavoro può sembrare un ossimoro qualora ritenessimo la filosofia come una disciplina “astratta” dalla vita quotidiana. In realtà la filosofia è nel tessuto stesso della natura umana che è strutturalmente domanda, ricerca di senso. E nel lavoro soprattutto questa domanda è urgente, ineludibile, essenziale. Ecco la filosofia del lavoro vuole proporsi come un sostegno al desiderio profondo di comprendere le ragioni della fatica quotidiana.

Il filosofo del lavoro attraverso la pratica dell’ascolto, del dialogo, della domanda propone ai lavoratori uno sguardo rinnovato e più consapevole sulla professione e sul contesto di riferimento.

 

Che cosa significa il lavoro per lei? Fatica, mezzo di sostentamento, realizzazione o…..?

Il lavoro per me risponde a un bisogno duplice: conoscere la realtà e conoscere me stesso in azione. Il lavoro è uno specchio che restituisce una dimensione fondamentale al mio volto, quella della consapevolezza, della responsabilità, dell’impegno. Penso alla metafora rinascimentale dello scultore che plasmando il marmo ne trae contestualmente fuori una statua e una propria competenza specifica. Edificando la mia opera edifico me stesso.

La dimensione della fatica non può essere tolta, anzi è etimologicamente labor, travaglio. E dopo il travaglio c’è la vita, emerge l’esistenza piena, stanca sì, ma senza ombra. Senza trascurare ovviamente il lato economico e di sostentamento altrimenti sarebbe una riduzione (purtroppo ancora in essere) della dignità umana a braccio servile, automatico di un sistema cinico.

 

Come definirebbe una leadership contemporanea?

Oggi la leadership non è solo un comando, ma un percorso di crescita condivisa. Un leader non è chi impone, ma chi ispira, motiva e fa emergere il meglio nei suoi collaboratori. La vera autorità non è coercitiva, è educativa. È un atto di fiducia che cresce insieme al team.

Definirei un vero leader come Mastro e Maestro, un po’ come era nel nostro Rinascimento. Un vero leader è al contempo mastro di competenza e maestro di significato, non dice solo come e cosa, ma dona soprattutto il gusto inesauribile del Perché’.

 

I giovani oggi tendono a cercare ambienti di lavoro sempre più confortevoli e una leadership in grado di dare obiettivi chiari e motivazioni forti. A cosa attribuisce questo forte cambiamento rispetto ai valori del passato?

I giovani della oramai famigerata gen Z, sollevano dopo anni il velo di ipocrisia di un carrierismo senz’anima finalizzato solo a lavorare, consumare, morire. Non sono pertanto interessati a questa dinamica mortifera e concorrenziale che ha caratterizzato i loro papà e i loro fratelli maggiori. Amano al contrario lavorare in ambienti dove la collaborazione sia un comportamento consueto e l’attenzione alle persone sia la sola cultura d’impresa plausibile. Non vogliono far carriera in senso tradizionale, ma crescere in senso esteso, ossia approfondire la materia dura della loro professione e coglierne il senso per loro e per la società. Il sogno di questa generazione consiste nel realizzare spazi comunitari tesi al bene collettivo e non box di individualismi che hanno solo moltiplicato solitudini e conflitti. Ecco perché non vogliono soltanto dei capi, ma soprattutto dei maestri magari anche severi, ma autentici e appassionati.

 

Che consigli darebbe ai giovani che si approcciano al mondo del lavoro?

Al contrario di Steve Jobs: siate umili, siate equilibrati, siate sempre più studiosi che solo studenti. Fate ciò che amate per amare sempre di più ciò che fate e ciò che siete e sarete.

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