Mi parla di sé, della sua professione, delle cose più importanti della sua professione?
Nasco come commercialista “consulente” per supportare le imprese nel loro sviluppo, poi poco più di dieci anni fa ho iniziato ad interessarmi dei temi della sostenibilità e dei valori ESG. Tematiche che sono divenute sempre più importanti nella mia professione e nel supporto alle realtà imprenditoriali.
Si parla tanto di sostenibilità ambientale, di sostenibilità sociale, si parla poco, secondo me, di tutta quella che è invece la sostenibilità nella governance, di cui credo lei si occupi in modo particolare. Riesce a spiegarmi in parole non troppo tecniche in che cosa consiste la sostenibilità nella governance?
Consiste nella definizione, anche per le piccole e medie imprese, di una strategia aziendale di medio e lungo periodo orientata al miglioramento dei processi in ambito sociale e ambientale e anche della stessa governance societaria. Una corretta governance permette all’azienda di prevenire e mitigare l’impatto dei rischi e migliorare l’utilizzo delle risorse. Pensiamo ad esempio alla questione legata al recruiting e retention di risorse umane valide in azienda. È un rischio? Certamente sì in diversi settori, e come si mitiga questo rischio? Ci sono tante azioni che l’azienda può adottare, non necessariamente legate alla remunerazione. Ci sono ricerche recenti che evidenziano che oltre il 92% dei giovani laureati che cercano lavoro tengono conto dell’attenzione agli aspetti di sostenibilità dell’azienda in cui vogliono andare a lavorare. È chiaro che le aziende attente a queste tematiche riescono ad attrarre o trattenere le migliori risorse, quelle che possono scegliere, rispetto alle aziende che invece non prestano attenzione ai temi ESG.
Diciamo che la governance riguarda tutti gli aspetti dell’azienda?
Assolutamente sì, come evidenziano anche le mappature dei rischi aziendali dei prossimi anni elaborate, per esempio, dal World Economic Forum. Emerge che i rischi ambientali o sociali legati alla sostenibilità possono avere un importante impatto finanziario sull’azienda. Pensiamo anche all’esigenza che hanno le banche dove l’EBA – European Bank Authority, chiede loro di tener conto dei fattori di sostenibilità di un’azienda per erogarle fondi e finanziamenti. L’attenzione agli aspetti di governance favorisce uno sviluppo aziendale attento alle esigenze di tutti gli stakeholder e che sia sostenibile in un ‘ottica di più ampio respiro e quindi non solo nel breve periodo, ma anche a medio e lungo termine.
In questi giorni si tiene a Torino il Congresso Nazionale dei Dottori Commercialisti, parlerete di questi temi?
Assolutamente sì; i temi della sostenibilità sono al centro del Congresso ed io stesso faccio parte della commissione che si sta redigendo un documento utile a tutta la nostra categoria – siamo più di 120.000 in Italia- e che mette in evidenza l’influenza degli aspetti ESG sulla Governance e sulla Finanza.
A proposito: e la sostenibilità nella finanza?
Il legislatore europeo ha adottato nel 2018 l’Action Plan sulla finanza sostenibile, cioè il piano di sviluppo dell’Unione Europea per i prossimi lustri ed ha valutato che, per orientare gli investimenti delle imprese verso tecnologie sostenibili, è necessario il supporto dei settori finanziari, sia banche commerciali e sia investitori, prevedendo di porre particolare attenzione a queste tematiche e già lo stanno facendo, supportando investimenti in linea con la Tassonomia sugli investimenti sostenibili della stessa Unione Europea.
Questo aiuterebbe le imprese?
Diciamo che può essere un’opportunità per le impese, perché domani vi sarà un obbligo generalizzato e quindi, come conosciamo da tanti anni il bilancio di esercizio, diventerà una prassi integrarlo con i fattori ESG. Ad oggi l’obbligo riguarda solo le aziende quotate in borsa, però già dal prossimo anno saranno coinvolte anche le Medie imprese non quotate ed il perimetro di applicazione si amplierà ancora, coinvolgendo sempre più anche la catena di fornitura delle imprese obbligate. Anticipare gli obblighi può quindi essere un’ opportunità ed un elemento di differenziazione verso i competitor.
Lei come sta vivendo tutto questo cambiamento?
Nell’idea e nella consapevolezza che si tratta di una transizione da un modello oggi orientato, anche dal punto di vista normativo, esclusivamente sul perseguimento del profitto. Il profitto rimarrà sempre l’elemento centrale del fare impresa, ma dovrà tener contro anche degli aspetti di natura ambientale e sociale che, a loro volta, influenzano la capacità di fare profitto specie nel medio e lungo periodo. Ci si è infatti resi conto che la mancata attenzione al consumo ed utilizzo delle risorse per soddisfare gli attuali nostri bisogni, può compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri, e le future generazioni sono anche il nostro futuro
Come vede i giovani?
Sono sicuramente preparati e attenti a queste tematiche, le stanno studiando, le affrontano, ne parlano. È una generazione più preparata di quelle precedenti, e mi auguro che nel crescere professionalmente non perdano questi valori ma, anzi, li facciano propri e li mettano in pratica quando diventeranno manager o quando avranno la possibilità di decidere ed orientare l’azione delle aziende che dirigeranno.